“ENGLISH TUTOR FOR CHILDREN”

Dieci classi della scuola F.Montesi di S.Orso partecipano al progetto in lingua inglese: “English tutor for children”

“NOIO VULEVON SAVUAR”

“Noio vulevon savuar…”, Totò, Peppino e la malafemmina, anno 1956.
Non mi dispiace scomodare il Principe Antonio De Curtis in una delle sue scene più salienti dove dipinge egregiamente l’italiano medio degli anni ‘50 alle prese con una lingua straniera…

Purtroppo le cose non sono troppo diverse da allora e solo una minoranza di italiani possono affermare di possedere un inglese “fluent” cioè di essere in grado di  comprendere e sostenere una conversazione in modo fluido. Esistono anche le “eccellenze”, italiani che per motivi diversi si esprimono regolarmente in inglese e si trovano a loro agio nel seguire un film in lingua originale, ma queste sono “mosche bianche”.

L’italiano “tipico” all’estero si ”barcamena”. Parla? Sì parla. Procede con improbabile destrezza lungo un percorso a ostacoli, saltando allegramente sintassi e verbi al passato. Sì, sto parlando perlopiù dell’inglese, questa lingua tanto affascinante quanto ostica.
A volte, per comporre una frase, ci troviamo a dover ripescare (con una lenza così lunga che può raggiungere reminiscenze di scuola media o superiore) e poi assemblare ogni singola parola, con uno sforzo tale da far sudare tutte le sinapsi del nostro cervello. Aggiungerei…mettendo a dura prova la pazienza del nostro interlocutore straniero!
Il fatto è che all’estero l’italiano è perdonato a priori: nella mente degli stranieri, o quanto meno nel loro ideale condiviso, il connubio spaghetti-mandolino esiste davvero, e l’italiano diventa “simpatico” per definizione, quindi, lo si assolve.
Nell’opera “1984” Orwell inventa la “neolingua” (the newspeak), una lingua inglese estremamente semplificata, con il fine di ridurre la capacità di pensiero dell’intera popolazione in favore di un maggior controllo governativo. Nella neolingua egli abolisce tutte le forme dei verbi irregolari, tutte le forme dei plurali irregolari ecc…ecc…ma Orwell, questa mente tanto visionaria quanto geniale non avrebbe mai pensato che gli italiani stessero già mettendo in pratica la sua folle idea nella vita reale!
La buona notizia è che qualcosa in effetti sta cambiando. La società sta realizzando che “barcamenarsi” non basta più, che l’esigenza di conoscere l’inglese è sempre più attuale, e sempre più attuale in ogni campo: dalla tecnologia alle scienze, dalla psicologia alla cinematografia, dallo sport alla medicina.
Anche nelle scuole si sta dando una sempre maggior importanza all’inglese (e alle lingue in generale) e la nostra scuola fortunatamente è una di queste.
Il nostro istituto ha dimostrato negli anni una particolare attenzione e sensibilità nel predisporre ed attuare progetti che hanno coinvolto madrelingua inglesi o americani.
Personalmente, tutto ciò mi ha reso molto felice perché finalmente “l’inglese è importante”…e non solo a parole!
Alunni di diverse classi hanno avuto l’opportunità di ascoltare, conversare, giocare e rapportarsi in modo AUTENTICO con un/una madrelingua inglese.
Non libri, né quaderni, non grammatica e né frasi preconfezionate da imparare a memoria (!) ma: situazioni reali, vissute emotivamente, con l’unica clausola di esprimersi in lingua inglese.

Vedi foto English for children

Alle volte tendiamo a sottovalutare le potenzialità dei nostri alunni, essi sono davvero capaci di sorprenderci. Alcuni di loro capiscono molto di più di quello che ci aspettiamo, e “tirano fuori” ciò che mai ci aspetteremmo. Wow! Direbbero gli inglesi.
Ed è quello che sta succedendo anche quest’anno nel nostro istituto.
La ricetta è semplice: a) un/a madrelingua inglese o americano/a  o australiano/a …che non sia maestra (peculiarità non discutibile);  b) un certo numero di bambini; c) libri chiusi.
Irina, la ragazza designata quest’anno per il progetto dal nome “English Tutor for Children” sta condendo il tutto con tanta musica e i bambini ne sono entusiasti.
Irina sta studiando canto lirico al teatro Rossini di Pesaro, ha ventitré anni, tanto entusiasmo ed un curriculum invidiabile. Questa ragazza si è esibita insieme a diverse compagnie di balletto classico e contemporaneo da Berlino a Monaco; ha cantato in svariati teatri europei spaziando dall’operetta al jazz; ha partecipato assumendo  ruoli di rilievo a numerosi festival nel mondo della musica e dello spettacolo; ha lavorato con i bambini in un workshop pedagogico; ma ciò che a noi importa è che in queste prime lezioni è riuscita a coinvolgere totalmente gli alunni di varie classi in canti, giochi e conversazioni in lingua inglese.
Irina è piena d’energia, oserei dire: una persona appassionata…e i bambini lo sentono e la seguono con piacere.
Le classi della scuola F.Montesi di S.Orso coinvolte sono ben dieci: classi terze, quarte e quinte le quali porteranno avanti questo progetto per circa sette settimane.
L’intento, come detto sopra, é quello di creare “situazioni autentiche” dove gli alunni possano sentirsi motivati e possano esprimersi rispettando un’unica regola cioè di farlo in inglese.
Per il momento i risultati sono ottimi, i bambini rispondono con eccitazione azzardando anche domande… “poco opportune”…ma quale miglior occasione per scoprire se Irina é fidanzata? Basta chiederlo in inglese e tutto (o quasi) diventa lecito!
A progetto terminato vi sarà probabilmente un “prodotto finale”, ma di questo si parlerà nella prossima puntata essendo (mi hanno detto) TOP SECRET.

Concludo con l’augurio che i nostri figli, e i figli dei nostri figli, possano essere più disinvolti nell’affrontare una conversazione in lingua inglese. Possano viaggiare, scoprire altre realtà, sentirsi più liberi di poter comunicare con chiunque e in ogni situazione. Possano continuare ad essere per il resto del mondo “spaghetti&mandolino”, ma che siano anche in grado di spiegare (IN INGLESE) al resto del mondo che dopo 7- 8 minuti massimo gli spaghetti vanno tolti dall’acqua bollente perché si sfaldano!
Obiettivo per niente facile questo…non tanto per l’inglese, quanto perché un numero consistente di stranieri non ha idea di come si cucini un piatto di pasta
Ma ci riusciremo!

La referente di progetto ins. Ketty Altamura